top of page

                 LE MIE NOVELLE

​

​

​

 

 

 

 

 

​

​

​

 

Era la fine del Concilio Vaticano Secondo, con il suo corollario di riforme per adattare la religione Cattolica alla modernizzazione della Società. Si autorizzava ormai la lingua della nazione al posto della lingua latina a messa. L’officiante non aveva più il volto rivolto al tabernacolo, ma verso il popolo. I suicidi non erano più  condannati una seconda volta, con l’esclusione definitiva  dalla Chiesa e privati di funerali religiosi. Li si accettava adesso in Chiesa malgrado la loro morte violenta e volontaria. Prima del Concilio andavano direttamente in Inferno. Adesso, si permetteva loro di andare in purgatorio. Nella realtà la Chiesa, come sempre, si adattava alla Società moderna, ma con tre secoli di ritardo.

Fu durante questa trasformazione rivoluzionaria che Suor Carmela, Madre Superiora del Convento delle Suore della Misericordia di Sciacca, in Sicilia, fu trovata morta nel suo letto. Originaria di Milano, Superiora nel titolo e nella statura,  essa dominava con la sua altezza il gruppo di piccole e medie sorelle siciliane poste sotto il suo comando.  Integra, onesta, perfezionista, ma severa, questa Madre  Superiora manteneva, con una dura disciplina, una fede mistica e una severità di comando, la pace e l’armonia nel convento. La sua improvvisa morte, ne addolorò alcune e segretamente ne confortò  altre.

Si trattava adesso di aspettare la rimpiazzante   inviata dalla Casa Generale dell’Ordine della Misericordia a Roma. Forse una giovane e moderna suora, formata secondo i nuovi canoni del rivoluzionario Concilio Vaticano Secondo. Suora moderna o suora all’antica? Furba o candida? Gentile o tirannica? Diplomatica o guerriera? Mistica o realista? Prima del Concilio nessuno si sarebbe posto queste domande. Ma adesso, tutto sembrava sottosopra nella Chiesa Cattolica e nei conventi, nel dominio materiale come in quello spirituale.

Nell’attesa dunque del suo prossimo arrivo, la vice superiora, suor Michela, cercò di rassicurare, per quel che si poteva,  le sue sorelle col proporre preghiere a Dio e a Gesù Cristo e rosari alla Madonna, cose che si fanno sempre quando la realtà è ancora lontana e sconosciuta.

Un mese dopo, avvertite la vigilia dell’arrivo della nuova Madre  Superiora, le suore si erano preparate per accoglierla con gioia, con sorrisi, con dolci parole di benvenuto e molti interrogativi. Le suore si domandavano: quale tipo di donna avrebbe scelto per loro la nuova Direzione Generale di Roma. Una Visigota del Nord Italia o una Normanna alta un metro e novanta come la defunta suor Carmela? Esse, povere e piccole sorelle di origine siciliana, ne avevano ancora la pelle d’oca al solo ricordo della sua imponente presenza.

A qualche chilometro dal convento, una grossa macchina nera avanzava lungo la strada Palermo – Sciacca. All’interno si trovavano l’autista e una suora: la futura Madre Superiora di questo convento. Preoccupata, lei meditava sul prossimo incontro con le sue subalterne. Come avrebbero le monache accettato la sua autorità? Avrebbero accolto senza fiatare le nuove disposizioni del Concilio e soprattutto la sua superiorità di potere? Bisognava mostrare un pugno di ferro o un guanto di velluto? Bisognava mostrarsi forte di carattere o dolce e candida?  Utilizzare i consigli trovati in un piccolo libro, “Il Principe”, di un filosofo fiorentino  o il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo? La Madre Superiora preferiva il Vangelo, che conosceva bene e anche molto bene; ma visto però la sua fisionomia, lei era più che certa che sarebbe stata costretta a utilizzare “Il Principe”, per difendersi e per dominare questo gruppo di suore sconosciute ma, sicuramente, più grandi fisicamente di lei.

L’automobile nera arrivò infine sullo spiazzale del convento. Tre gradini sopra, gli occhi diretti in giù, tutto il gruppo di suore aspettava. L’auto si fermò, l’autista fece il giro e apri la porta. La nuova Madre Superiora scese dalla macchina con un sorriso rivolto agli occhi sbigottiti delle suore del convento,  e apri le sue braccia verso di loro.

La loro nuova Madre Superiora era  di piccola statura: nana!

 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

​

 

 

​

 

 

 

 

 

 

 

IL CARCIOFO !

 

Novella scritta il 03/03/2016 per sgranchirmi le idee dopo una stressante traduzione di Machiavelli.

 

Il ragazzino, un po’ affamato, alzò la gamba e si mise a salire sul primo gradino di un’immensa scalinata, che aveva spesso fatto e che temeva come ogni volta che la saliva. Al quinto gradino, dei 142, vide arrivare rotolando verso di lui un enorme carciofo. Guardò su in alto nel cielo sereno di Sicilia, e non vide nulla. Guardò la scalinata e non c’era nessuno. Era il solo essere piccolino a salire.

Un piccolo essere umano in cima alla scalinata, guardava lontano, forse verso di lui. Un altro ragazzino che si accingeva a scendere? Una donna forse? Ma nessuno scendeva.

Il ragazzino  riprese dunque a salire, guardò  l’enorme carciofo, e si mise a sfogliarlo mangiandone la polpa di ognuna delle foglie. Sentì un grido, fievole e confuso come tutti i gridi disperati. Il piccolo essere in cima alla scalinata si muoveva in tutti i sensi. Il ragazzino, troppo impegnato a gustare il suo carciofo, non lo guardava nemmeno. E continuava, scalino dopo scalino e foglia di carciofo dopo foglia di carciofo.

Alla fine, dopo aver consumato tutte le foglie, cominciò a gustare il frutto carnoso del carciofo, tranne la famosa “barba”. 

Una volta terminata questa provvidenziale e celeste (caduta dal cielo!) merenda, ricominciò a salire con più voglia. Salendo, cominciava a vedere meglio il piccolo essere che si trovava in cima della scalinata. Cominciava a vederne i lineamenti: era una donna, arrabbiatissima, con tanto di musone e con le braccia ai fianchi. Lui non la conosceva, ma lei aveva l'aria di conoscerlo... E poi ...

Il ragazzino arrivò quasi fino in cima. La donna infuriata lo guardava:

-“E il mio carciofo?”

 

 

LA MADRE SUPERIORA
bottom of page